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domenica 14 luglio 2013

LA STORIA DELLA CURVA SUD


Il mito della Curva Sud trae origine dall’attività di alcuni gruppi ultras storici operanti nel settore più popolare dello stadio ben prima del fatidico 1977, anno di fondazione del famigerato CUCS.

La curva Sud dei primi anni ’70 non era propriamente un luogo di ritrovo dei boyscouts. Il settore era occupato da alcune decine di “gruppettari”, schierati politicamente ed organizzati in piccoli gruppi rumorosi, autonomi e disorganizzati, accomunati solamente dall’amore per la Roma: un amore che spesso si traduceva in atti di teppismo contro i marmi fino ad allora immacolati dello stadio, deturpati con scritte  e scarabocchi dai toni non proprio amichevoli, e contro la polizia. Gli scontri contro le forze dell’ordine si inasprirono dal 1976: la guerriglia che fece seguito alla sconfitta per 0-1 contro la Juventus -ed alla reazione spropositata dei celerini al lancio di agrumi dei tifosi-  testimonia il clima del tempo.

Alle origini del mito che rivoluzionò il modo di intendere il tifo vi erano diversi gruppi. Tra questi:

GUERRIGLIERI DELLA CURVA SUD: Il gruppo, capeggiato da Massimo Bonerba, risulta tra i primi a comparire in Sud: lo striscione di rappresentanza, infatti, appare posizionato già nel 1967. Gruppo con connotazioni politche di destra posizionato sullo storico muretto della Sud dal quale Dante arringava la curva. Altro personaggio di spicco del gruppo era sicuramente Mario Corsi, oggi popolare conduttore radiofonico.

FEDAYN: gruppo con connotazioni politiche di sinistra -vi figuravano elementi di Lotta Continua ed Autonomia Operaia- proveniente dal quartiere Quadraro-Cinecittà, opera in Sud dal 1972. Fondatore e figura di riferimento del gruppo posizionato sul muretto numero 17 fu Roberto Rulli, tra i più attivi sostenitori del progetto CUCS. Proprio l’indiscusso capo dei Fedayn spiegò in una intervista del 1977 a “Giallorossi” l’origine del nome del gruppo:”La gente che ci vedeva per strada, in quel periodo che la nostra squadra non andava molto bene, ci dava dei suicidi, dei kamikaze e ci diceva ‘siete peggio dei Fedayn’. Da allora quel nome che ci avevano affibbiato ci è piaciuto e lo abbiamo tenuto”.

BOYS: gruppo con connotazioni politiche di destra, i BOYS si distinguono dagli altri gruppi per l’estrazione borghese: il reclutamento avveniva nei quartieri benestanti della capitale, come i Parioli e la Balduina. Fondatore del gruppo fu Antonio Bongi, il cui obiettivo era quello di organizzare una formazione che si distinguesse dalle altre, tradizionalmente di estrazione popolare. Cominciano la loro attività in nord, quando si trasferiscono in Sud costringono al trasloco i supporters della Lazio, con i quali il tifo giallorosso era ancora costretto a coabitare.  I BOYS confluiscono nel CUCS ed ammainano il loro striscione identificativo, che farà la sua ricomparsa nel 1984.

PANTHERS: unico gruppo guidato da Italo, collocato in nord

FOSSA DEI LUPI: gruppo guidato da Vittorio Trenta (oggi conduttore radiofonico) e Stefano Scarciofolo, attivo fin dai primi anni ’70.

Gruppi storici, voce e coraggio, ma poca organizzazione: si trattava prevalentemente di compagini da 30-40 componenti sistemate in curva per quartiere. I cori, figli dello spontaneismo, si sovrapponevano, generando sostanzialmenente una gran confusione: mancava una strategia comune. A questo miravano gli esponenti di spicco dei vari gruppi.

Il 9 gennaio 1977, in occasione di Roma-Sampdoria (3-0), il Commando Ultrà Curva Sud faceva la sua comparsa in curva sud. Fu Antonio Bongi, leader dei Boys, a proporre il nome: “Mi venne in mente scorrendo un articolo sul Corriere della Sera, che parlava di scontri di palestinesi; lessi commando di ultrà, mi piacque il nome e lo sottoposi alla votazione degli altri responsabili dei gruppi: passò a maggioranza“. Come simbolo furono scelte le lettere U e R rosse con incastonato un fulmine.

Wikipedia definisce in maniera accademica il CUCS, Commando Ultrà Curva Sud, come “un gruppo organizzato di tifosi ultras della squadra di calcio della Roma“. In realtà il CUCS fu un movimento unico di popolo e di idee disposto a qualsiasi sacrificio per l’incitamento continuo e compatto dei colori della propria squadra del cuore.

Il CUCS nacque sull’esempio di alcuni gruppi organizzati preesistenti, come gli Ultras Granata del Torino, ma diede alla parola tifo identità e sostanza: dal momento della sua comparsa il mondo intero ammirerà, cercherà di imitare, applaudirà quel monolite giallorosso sempre presente, a prescidere dal valore della squadra o dai rapporti con la società -da cui peraltro il Commando rifuggeva-  perché “la Roma non si discute, si ama“.

Elemento di spicco del gruppo fu Geppo. Il gruppo, che in trasferta esibiva lo striscione più piccolo Ultrà Roma, nel decennio 1977-1987 dettò legge e fece scuola in qualunque stadio del mondo. Il rullio dei tamburi, le bandiere sventolate al cielo, le torcie che garantivano calore e colore, le coreografie domenicali di Stefano Scarciofolo che non temevano confronti, le sciarpate ed i canti incessanti orchestrati sapientemente per garantirne intensità e continuità trasformarono gli spettatori in ultras. Il racconto dell’esordio è affidato ad uno stralcio tratto dalla storia del CUCS, pubblicata a puntate su Giallorossi nel 1983: “…fu qualcosa di stupendo, ci fecero entrare prima dell’apertura dei cancelli, eravamo soli in quello stadio così grande per noi, ci sentivamo i veri protagonisti della giornata. Eravamo tutti lì, emozionati dietro il nostro, finalmente nostro ed unico, striscione (42 m), bombardati dai flash delle macchine fotografiche. Poi la partita, quel sonante 3-0 alla Sampdoria, tanto amore, molta passione e un tifo tutto sommato soddisfacente, se si pensa che era solo l’inizio, forse un solo errore, quello di cantare anche prima della partita e ritrovarsi per il secondo tempo senza voce, un errore che cercammo di eliminare di volta in volta (…) Da parte del resto della tifoseria romanista non ci furono grandi reazioni, anche perché la nostra postazione non permetteva di vedere il nuovo striscione. Naturalmente serpeggiava una grande curiosità, si cercava di scoprire chi fossero questi ragazzi che volevano far nascere un gruppo ultrà che sarebbe diventato negli anni a seguire il più forte d’Italia (…)

L’anno 1977 fu soprattutto un anno di ambientamento dovevamo ancora affiatarci, e cosa forse ancor più importante, ci conoscevamo poco. Avevamo solo otto tamburi e due bandieroni, tra noi vi era già molto entusiasmo e tanta voglia di fare meglio.

Nel 1978 cominciarono i primi problemi finanziari, avevamo già raggiunto venti tamburi, molte bandiere erano state costruite, ogni Domenica accendevamo un gran numero di fiaccole e fumogeni, tutte cose che comportavano una notevole spesa. Decidemmo, oltre ad autofinanziarci, di sponsorizzare la nostra immagine stampando adesivi e magliette che ogni Domenica vendevamo allo stadio (…) Tutto questo però non bastava, eravamo quasi sempre in rosso, risultava necessario allora iniziare con il tesseramento, che ci aiutò oltre che dal punto di vista economico anche a sapere su quante equali persone poter contare“.

Dal libro “Commando Ultrà Curva Sud“:”Eravamo i migliori, e non è certo la presunzione a farci parlare. I gruppi di tutta Italia ci invidiavano e ci imitavano, molti venivano a Roma per vedere da vicino cosa eravamo capaci di fare. Il tifo era una voce sola, l’unione era perfetta, i nostri tamburi rullavano come mai in passato”.

Una perfetta macchina da tifo in grado di superare qualsiasi avversario, qualsiasi ostacolo, qualsiasi evento: anche il derby del 28 ottobre 1979, il derby dell’uccisione di Vincenzo Paparelli.

Vincenzo Paparelli
Da Wikipedia: Il 28 ottobre 1979, poco prima dell’inizio dell’attesissimo derby si consumò un episodio tragico che coinvolse un sostenitore della Lazio: Vincenzo Paparelli. Sembrava un giorno di festa. La squadra romanista vantava una dirigenza rinnovata, il ritorno del tecnico svedese e del beniamino Rocca, un estremo difensore valido, tutti elementi per riscattarsi da un campionato 1978 – ’79 ed un ultimo derby davvero avvilenti. Mentre i tifosi erano in attesa dell’ingresso delle due squadre in campo dalla Curva Sud dello Stadio Olimpico, c’era uno scambio di insulti tra le tifoserie, a suon di striscioni infamanti e croci piantate sul campo. Un tifoso romanista spara un razzo. Uno sfrigolio ed una scia di un bianco sporco attraversa lo stadio in un istante per colpire ad un occhio il sostenitore della Lazio nella curva opposta.

È una morte istantanea. Viene condotto inutilmente all’ospedale romano di Santo Spirito. Autoriparatore, 33 anni, lascia la moglie e due figli. Nonostante la notizia fosse giunta anche negli spogliatoi, l’arbitro D’Elia decise di far giocare comunque la gara, immersa in un’atmosfera surreale – che terminò in pareggio sull’1-1, goal silenzioso di Zucchini e pareggio di Pruzzo. Il giorno dopo quotidiano Il “Tempo”riporta «in esclusiva» l’immagine dell’uomo appena colpito, sembra un fotogramma di un film horror. Il medico dell’ambulanza aveva detto di non aver visto niente di simile neppure in guerra. Paparelli fu la seconda vittima italiana della violenza negli stadi. Il responsabile materiale dell’uccisione, Giovanni Fiorillo, diciassettenne, lavoratore saltuario come imbianchino, aveva acquistato con alcuni amici una partita di razzi nautici da segnalazione – con involucro metallico e ca. 2 km di gittata – contrabbandati da un rivenditore di materiali agricoli. Il commerciante se la caverà con una lieve condanna. Costituitosi dopo diciotto mesi di latitanza in Svizzera, al processo Fiorillo affermerà di non esser stato messo al corrente della natura letale degli ordigni. Il giovane verrà condannato a sette anni di reclusione per omicidio preterintenzionale e non colposo. Una volta scontata la pena tornerà nuovamente in carcere per piccoli reati e morirà nel 1993 per un male incurabile”.

Tutto cambiò. Ancora dal libro “Commando Ultrà Curva Sud“:”Il presidente Anzalone lasciò la guida della società: al suo posto uno sconosciuto, almeno per noi, che rispondeva al nome di Dino Viola. Avevamo grandi progetti, iniziavamo i primi timidi colloqui con il nuovo presidente, ma tutto fu irrimediabilmente spezzato nel derby del 28 ottobre 1979: Vincenzo Paparelli, un tifoso della Lazio fu ucciso da un razzo sparato dalla curva Sud. Via i tamburi, via gli striscioni; i nostri slogan? Apologia di reato! Il nostro nome? Banda armata!Per noi tutte le serrande abbassate, non ci conosceva più nessuno. Chi eravamo? Strati sottoproletari di gioventù violenta (…) La successiva partita in casa fu Roma-Ascoli; eravamo in pochi, circondati da poliziotti in borghese, uno stadio gelido, un pubblico freddo. L’unico coro era il nostro, urlato con tanto coraggio, con la consapevolezza di continuare a cantare e a stare su quel muretto che anto aveva significato per noi. Avevamo trascorso tutto l’anno senza il nostro striscione, messo sotto sequestro. Al suo posto una frase: ‘Forza ragazzi, la Sud è con voi!’. Anche sciarpe e magliette con il nostro marchio avevano il divieto di ingresso. Ci avevano preso anche i tamburi, restavamo solo con voce e mani a difendere la squadra. In semifinale (coppa Italia, Roma-Ternana) il Commando Ultrà scese in sciopero chiedendo almeno la restituzione dei tamburi.

Bisognò attendere la finale di Coppa Italia con il Torino per rivedere in azione il tifo organizzato: “Una scritta in polistirolo colorata a tricolore diceva:’Coppa Italia sarà’. Dietro 3000 bandierine dividevano il gruppo in tre settori: uno bianco, uno verde, uno rosso. I tempi cupi ormai erano finiti“.

Nel 1987 il compianto presidente Dino Viola cede Carletto Ancelotti e decide di ingaggiare Lionello Manfredonia, il nemico perfetto del tifoso giallorosso.

Nato calcisticamente nella Lazio, squadra di cui era tifoso, Lionello Manfredonia rimase coinvolto nello scandalo del calcio scommesse con il collega Bruno Giordano, si rese protagonista di alcune dichiarazioni poco felici sulla tifoseria giallorossa e fece in tempo a vincere uno scudetto ed una Coppa Intercontinentale con la Juventus prima di firmare per la Roma.

La reazione della Curva Sud fu compatta e precedette l’acquisto del mediano. Due striscioni, ”Viola non ci vomitare Manfredonia” e “Viola compra tutti tranne i venduti” e dell’eloquente “Manfredonia dacci le quote” riassunsero inequivocabilmente la reazione degli ultrà alla notizia di calciomercato.

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Quello che avvenne in seguito all’ingaggio di Manfredonia è come sempre illustrato al meglio sul sito Asromaultras.it, che riporta un passaggio del libro di Marco Impiglia “Forza Roma, daje lupi“:”…il CUCS si spaccò in due: un gruppo, capeggiato da Malfati e comprendente ottimi organizzatori come Elio Nunzi, Pietro Uinni, Marco Bartolini, si espresse a favore della decisione del presidente, allineandosi alla posizione dell’Associazione Italiana Roma Clubs; un altro, guidato dal carismatico Trenta e comprendente quasi per intero il gruppo dirigente (tra gli altri: Venturelli, Scarciofolo, Roberto Molinari, Gianluigi Frea, Franco Nicastro, Roberto Cucculelli, Massimo Dolce, Luca Laganà), si schierò contro le direttive societarie. Il gruppgamo di Malfatti prese la denominazione di Vecchio Cucs, quello di Trenta si chiamò CUCS-Gam. Il Gam cercò inutilmente di ottenere le scuse ufficiali da Manfredonia durante il ritiro di Vipiteno…il campionato cominciò con la visione manifesta della spaccatura avvenuta in Curva Sud: il Vecchio CUCS dal lato Monte Mario e il CUCS-Gam dal lato Tribuna Tevere si dividevano equamente lo spazio. . La curva si spacca e torna ad essere frammentata: ricompare lo striscione dei Boys, i Fedayn si astengono dal tifo, il CUCS-Gam tifa solo in assenza del traditore, manifesta il suo dissenso con striscioni eloquenti (“Manfredonia boia non ti ameremo mai”) e registra il proprio marchio per difendersi dal Vecchio CUCS che rivendica la paternità del gruppo originario e si accasa sullo storico muretto. Sorprendentemente, il Vecchio CUCS interpreta meglio gli umori della curva, che nonostante i trascorsi, accetta Manfredonia in quanto giocatore della Roma.

cucsgamL’insostenibilità della situazione emerge in tutta la sua gravità in occasione di Roma-Genoa del 2 settembre 1987, partita di Coppa Italia che si disputò al Flaminio: il CUCS-Gam espone uno striscione con la scritta “Indegno, levati quella maglia” e viene aggredito da centinaia di persone, anche con i coltelli.

Nel frattempo, il 4 maggio 1989 Antonio De Falchi muore d’infarto nel corso di un’imboscata degli ultrà del Milan nei dintorni dello stadio San Siro.

La frattura è ormai insanabile, e neanche l’interruzione della carriera agonistica di Manfredonia per problemi cardiaci (Bologna-Roma, 30-12-1990) riesce a ricomporre la curva. Il CUCS-Gam si divide ulteriormente: in opposizione a tutti gli altri gruppi nasce Opposta Fazione.


Nel 1991-1992, “per il bene della Roma“,  CUCS-Gam e Vecchio CUCS si riuniscono: un accanimento terapeutico che non potrà in alcun modo evitare il naufragio del gruppo, sempre più incapace di interpretare il mutamento dei tempi.

Il definitivo accantonamento del CUCS arriva nella stagione 1999-2000, durante la partita Roma-Inter: gli As Roma Ultras, che riuniscono diversi gruppi ubicati nella parte bassa della Sud, “pensionano” senza troppi convenevoli ciò che rimane del CUCS, affidandolo alla leggenda.

Gli As Roma Ultras per tre stagioni riportano in auge il tifo giallorosso, lanciano nuovi cori e ripristinano la tradizione coreografica della curva, ma l’impossibilità di governare le dinamiche interne alla curva stessa ne determina lo scioglimento nel marzo 2002. Ricompostosi, il gruppo scomparirà definitivamente nella stagione 2003/2004.

Il resto è storia d’oggi, una storia di divisioni e particolarismi, accentuata dalla stretta repressiva susseguente la morte dell’ispettore Filippo Raciti: con intatta forza sono sopravvissuti nella parte alta della curva Ultras Primavalle, Fedayn e Boys.

Dal 2010, per protesta, nessuno di questi gruppi espone più il proprio striscione.

Dal 2014 la Curva Sud è simbolicamente riunita sotto lo striscione "ROMA".


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